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Andrologi, crisi clima può ridurre fertilità maschile

Immagine del redattore: Giuseppe CampoGiuseppe Campo

Se i dati Istat continuano a certificare il declino demografico del Paese, con poco più di 400mila nati nel 2020, in calo del 30% in dieci anni, la colpa potrebbe essere anche del riscaldamento globale.


L'aumento della temperatura danneggia, infatti, l'apparato riproduttivo maschile, molto più di quello femminile.

Tanto che, in alcune specie animali, un incremento di un grado delle temperature esterne può ridurre la fertilità, e gli esperti temono che questo stia avvenendo anche per l'uomo. A lanciare l'allarme, in occasione della Cop26 in corso a Glasgow, è la Società Italiana di Andrologia (Sia). Il numero medio degli spermatozoi degli uomini oggi è dimezzato rispetto a quarant'anni fa e un italiano su dieci è ormai infertile. L'involuzione della fertilità maschile pare ormai un dato di fatto, ma incolpare solo il fumo, i contaminanti chimici, o le infezioni sessuali, secondo la Sia, è riduttivo. A incidere è anche il riscaldamento globale "Gli studi su farfalle e coleotteri, ad esempio, mostrano che l'aumento delle temperature sta contribuendo all'estinzione di alcune specie perché l'apparato riproduttivo maschile è molto sensibili al caldo. In alcuni casi la produzione di spermatozoi è stata vista calare di tre quarti e la capacità di fecondazione è crollata. Per di più gli effetti negativi si tramandano anche sulla prole, che risulta meno fertile". I sospetti di un effetto decisamente negativo da parte del cambiamento climatico sulla fertilità sono ormai quasi una certezza anche per la nostra specie. È infatti ormai accertato che un'esposizione professionale alle alte temperature, come quella a cui sono esposti i cuochi o i saldatori, può compromettere la fertilità. "L'aumento di un grado della temperatura ambientale accresce di 0,1 C° la temperatura scrotale che può compromettere la fertilità. Nell'uomo, per esempio, stiamo assistendo a una progressiva riduzione del volume dei testicoli, al punto che i parametri di 'normalità' sono già stati rivisti al ribasso".

 
 
 

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